Diritto Raguseo

Note al libro Quinto e sua traduzione

Libro quinto

Segue la traduzione di materia civilistica e, in particolare, riguardante la proprietà, diritti reali minori, affitto di fondi rustici e altri argomenti collegati.
Si tratta, forse è bene ripetere, di un testo statutario risalente al 1272 che, come tale, inizialmente riproduceva, per iscritto, consuetudini già praticate. Tuttavia, poteva diventare impellente regolare la proprietà dei territori che la Repubblica andava ad acquisire fuori le mura della città di Ragusa e così disciplinare altresì l’affitto a coltivatore; infatti, la proprietà fondiaria di terreni incolti di nuova acquisizione veniva attribuita senza scelte di ceto, ma esclusivamente a cittadini; di conseguenza la popolazione contadina, spesso proveniente da fuori la Repubblica, finiva a coltivare campi in affitto.
La colonìa, quindi, appare a Ragusa istituto rilevante e complesso poiché risente di consuetudini slave, inizialmente non conosciute dalla popolazione proprietaria latina.
Basterà considerare che quelle consuetudini non prevedevano una vera e propria successione poiché ogni maschio componente la famiglia patriarcale contadina poteva domandare la divisione vivente il padre; per cui sembrava logico pretendere e ricevere anche parte dei campi avuti in coltivazione; ciò contrastando, come detto, con la consuetudine latina, potevano venirne contraddizioni (cfr. c. 36) o difficili componimenti.
Pare, tuttavia, che l’affitto di fondi rustici in entrambe le sue forme di contadinaggio (knet) con casa e semplice colonìa (polovnik) senza casa fosse di larga soddisfazione per entrambe le parti.

prefazione

Nella traduzione si son mantenute, per quanto possibile, punteggiatura ed eventuali errori del manoscritto, senza, pare, ne abbia risentito la comprensibilità. Un’avvertenza finale: Ragusa cadde sotto il dominio ungherese nel 1358, da allora il capo della Repubblica non sarà più detto Conte bensì Rettore; ove si legga “Rettore”, trattasi di norme aggiunte dopo quell’anno.

(Cristiano Caracci)

traduzione

TRADUZIONE DEL QUINTO LIBRO (DIRITTI REALI) DEL LIBER STATUTORUM DI RAGUSA (1272) SECONDO IL MANOSCRITTO DI PROPRIETA’ DELLA BIBLIOTECA DEL SENATO DELLA REPUBBLICA ITALIANA.

1. Divisione delle strade. – Affinché non sorga in futuro alcun dubbio su dette strade, stabiliamo: le case, che sono su un lato della strada abbiano la terza parte della stessa e le altre case che sono sull’altro lato, abbiano l’altro terzo e chiunque possa nel suo terzo costruire una terrazza, e una scala di pietra, o di legno a suo piacimento, e la porta della scala e la cantina; e metà dello spazio aereo sia di una parte e l’altra metà dell’altra parte. Se invero la casa avesse antiche scale di pietra, o scale minori o maggiori di un terzo, esse dovranno rimanere sempre in tale condizione, e chi ne abbia per meno, non potrà accrescerle. Ma elevare in alto quanto vorrà: se tuttavia vorrà ricostruire in tale condizione lo faccia come erano in antico ma se la scala antica era di legno e il padrone voglia costruirla in pietra, o rinnovare il legname, e in antico fosse minore di un terzo o più, potrà costruire fino a un terzo e non di più.

2. Tetti delle case che scendono verso il monte. – Tutte le case, il cui tetto scende verso il monte, e tutte le strade che vanno dal mare verso il monte, possono avere la scala di pietra o di legno a piacimento nella terza parte della strada, e ciascuna parte abbia la metà dello spazio aereo. Si deve anche sapere che lo spazio aereo in alto deve essere diviso, affinché possano essere portati tini e botticelle, e le donne possano portare orci d’acqua in testa, tuttavia per le strade e le case che vanno da oriente ad occidente se si vorrà costruire una terrazza di nuovo si faccia una terrazza longobarda, che abbia un gradino esterno, e dove in antico ci fosse una scala o il confine delle scale il confine rimanga come era in antico.

3. Finestre e balconi. – Chiunque può nella sua parete o nella sua parte aprire una finestra o un balcone a meno che dall’altra parte all’opposto, cioè a metà, ci sia una finestra o un balcone allora infatti non potrà aprire un balcone o una finestra.

4. Fognature. – Qualunque parte della casa sia in contatto con la fognatura, ossia per quella parte della casa che riceva dalla fognatura comune, non si può aprire una porta di fronte, cioè di fronte a una porta altrui o una finestra di fronte a una finestra altrui nemmeno si può aprire una finestra sopra la fognatura altrui, né la cucina sulla altrui fognatura.

5. Vano esterno e cucina. – In ogni casa si può costruire nella propria metà di spazio aereo un vano esterno aggettante sulla strada e in tale vano una cucina, purché da esso non si sparga acqua sulla via.

6. Lastrici solari. – Nessuno può costruire un lastrico solare sopra il tetto della casa altrui.

7. Danno da lavori. – Chiunque abbia eseguito dei lavori di sopraelevazione nella sua proprietà, e abbia arrecato danno al suo vicino, è tenuto sia a porvi rimedio che al risarcimento.

8. Muro comune. – Se qualcuno voglia eseguire dei lavori sul muro comune, e conti di eseguirli per sé su quel muro, è tenuto a pagare al padrone dell’altra parte del muro quanto gli arbitri nominati dal Conte e dal suo Ufficio stabiliranno; se non vuole eseguire i lavori su detto muro lasciato uno spazio di un piede da tale muro, lavori sulla sua proprietà.

9. Divieto di edificare sulle mura nuove. – Nessuno può edificare una casa accanto alle nuove mura della città dentro o fuori fino a tre passi, e se entro tale spazio qualcuno ha un ingresso il comune è tenuto a comprarlo, o a dargliene un altro in cambio.

10. Case rivolte al mare. – Decretiamo che le prime case rivolte al mare, devono spostare il portico verso il mare e verso il monte. E tutte le altre spostino il portico verso il monte; e così fino alle mura della città.

11.
Edifici di legno. – Per antica consuetudine nessun edificio di legno ha il possesso, o confini stabili.

12. Divieto di testimoniare per il venditore. – Il venditore di bene immobile non può testimoniare sopra detto bene, né a favore del compratore, cui ha venduto il detto bene, né contro di lui.

13. Lavori da parte del compratore di casa o casale. – Per chi non vuole che il trascorrere del tempo faccia decadere il suo diritto per ignoranza, stabiliamo che se chi in casa o nel suo terreno abbia eseguito lavori in pietra o calce e tali lavori siano di pregiudizio per altri, chi voglia domandare il risarcimento del danno per detti lavori può ricorrere e far valere le sue ragioni nel termine di otto giorni, da quando sia venuto a conoscenza che i lavori siano stati eseguiti o se non sono stati eseguiti e se entro tale termine abbia taciuto, né abbia fatto valere le sue ragioni, non potrà vantare alcun diritto su detti lavori.

14. Garanzie sugli immobili venduti. – Tuttavia il venditore che abbia venduto una casa o un casale, è tenuto a dare garanzia per l’evizione per tutta la vita secondo giustizia. Ma se chi ha un garante abbia agito di sua volontà senza il garante, il garante non è tenuto alla garanzia per l’evizione. Tuttavia il compratore che abbia acquistato una proprietà altrui o uno stabile, se su ciò sia calunniato da alcuno, è tenuto a mostrare a che titolo abbia il possesso, o abbia la proprietà o quello stabile.

15. Lavori sui forni. – Chi abbia acquistato una casa o un casale, non può costruire un forno durante la sua vita. Dopo la morte tuttavia i suoi eredi potranno farlo. Sul proprio patrimonio possono fare quello che vogliono. Tuttavia a chi abbia tra sé e il suo vicino una parete di legno, non potrà costruire il forno.

16. Lavori su pareti di legno. – Se tra due case ci sia una parete comune di legno, e i proprietari di essa vogliano, costruirla di pietra le fondamenta di tale muro siano fatte su terreno di proprietà comune, ossia comprendano tanta terra da una parte quanta dall’altra e l’opera sia fatta a spese di ambe le parti. Se invero una parte a causa della sua povertà non possa sostenere le spese necessarie per la sua parte, l’altra parte che ne ha la possibilità costruisca il muro a sue spese. Tuttavia l’altra parte sarà tenuta per documento notarile a rifondere la sua parte quando potrà. Ma “quando potrà” sarà a discrezione del Conte e del suo Ufficio. Tuttavia chi deve rifondere, non è costretto a vendere i suoi beni a tale scopo. Ma chi si trovi in tale situazione, quando il muro tra le case, è di pietra, ed è pericolante chi tema, che cada, per comune volontà di ambedue le parti si ripari detto muro. Se per caso chi può sostenere le spese non voglia eseguire i lavori su detto muro, farà demolire il vecchio muro, affinché non provochi danno ad alcuno.

17. Edifici vecchi e pericolanti. – Se una casa abbia su una via, o su una strada un muro o un portico vecchio o pericolante, che rischi di rovinare, il Conte e il suo Ufficio si rechino sul posto e se ad essi appare pericoloso, facciano eseguire lavori e rinnovare il muro, o il portico al proprietario. Ma se il proprietario non vuole, il Conte lo faccia demolire, affinché non nuoccia.

18. Fondamenta. – Le fondamenta trovate sotto terra, o a livello del terreno sono da considerare come confine, e confine del terreno, nel quale siano state trovate.

19. Divieto di modificare l’inclinazione dei tetti. – Nessuno può rivolgere l’inclinazione del tetto della sua casa, sul tetto del vicino, affinché la pioggia vada, o cada sulla casa del vicino, ma il tetto deve rimanere come era in antico.

20. Terreni fuori le mura. – Per i terreni che si trovano fuori dalle mura della città, valgono le stesse norme dei confini cittadini.

21. Negozi e osterie su terreno Comunale. – Chi gestisca un negozio o un’osteria sul terreno del comune non può costruire un nuovo edificio di legno o di pietra.

22. Mutuo a chierici. – E’ obbligatorio per antica consuetudine, per chi abbia un suo patrimonio, concedere un mutuo a un presbitero o a un chierico.

23. Accessi alle vigne. – Vogliamo che ogni Proprietario di vigne abbia un accesso ad esse, attraverso cui entri nella sua vigna secondo l’uso antico; se in antico non avesse avuto l’accesso, colui che coltiva quella terra, deve permettere l’ingresso da dove vorrà. Gli accessi costituiti in antico, tuttavia dovranno essere mantenuti; e la comune strada carraia deve essere tanto ampia da lasciar passare due cavalli carichi, che si incontrassero. Durante la vendemmia comunque chiunque può prendere la via che riterrà migliore e più breve per andare in riva, o in città.

24. Confini tra le vigne. – Se una vigna, o un terreno fosse più in alto del confine di altra vigna, o terreno, il Proprietario di quel terreno o vigna, che si trova sotto il confine, se vuole costruire una parete di legno, può farlo nella sua proprietà, e provvedere a tale parete con il coltello e la falce; e sarà tenuto a lasciare la distanza di un cubito di terra da detta parete per il confine; affinché il confinante stesso possa zapparla senza toccare la parete di legno.

25. Confini comuni tra le vigne. – Se tra vigne, o terreni pianeggianti ci siano pareti comuni di legno o confini comuni tra i proprietari delle vigne o dei terreni, quando i predetti proprietari lavorassero dette terre o vigne; non potranno oltrepassare dette pareti di legno; tuttavia il confine sarà per metà di una parte e per metà dell’altra.

26. Alberi cresciuti tra due vigne. – Se i rami degli alberi piantati tra due vigne, o a lato della vigna altrui, protendono sopra detta terra, il proprietario di tale terra, o vigna sopra cui i rami protendono, può raccogliere e mangiare tutti i frutti che si trovano sui rami protesi, e che si trovano sopra la sua vigna o la sua terra, e anche tagliare i detti rami senza essere condannato a una pena afflittiva o a una multa.

<27. Vigne o terreni volti verso il monte. – Il proprietario del terreno o della vigna volta verso il monte può coltivarli verso l’alto a sua volontà a meno che non vi sia una consuetudine in contrario.

28. Terra coltivata a frumento. – Se un terreno è coltivato a frumento dal proprietario, e un altro pretenda un diritto su tale terreno, non deve essere recato danno a tale coltivazione, né il coltivatore perda alcun diritto quando la coltivazione sia stabile.

29. Terreno coltivato da non proprietario. – Chi abbia dato da coltivare il suo terreno incolto ad altri, non può licenziare il coltivatore fino al terzo raccolto completo, né il coltivatore può rinunciare fino al detto termine; e se accade che un coltivatore abbia abbandonato ad un certo momento l’opera, deve lasciare la terra come l’ha ricevuta, lavorata o non lavorata. Tuttavia quanto detto per il proprietario, che non può togliere l’incarico al coltivatore fino al terzo raccolto completo è fermo, a meno che il proprietario non voglia vendere la terra, o darla in dote alla figlia o coltivarla. Allora infatti dopo il primo anno potrà licenziare il coltivatore quanto vorrà, rimborsate le spese. Se tuttavia la terra non era incolta ma coltivata da altri il proprietario può togliere la terra al coltivatore dopo il primo anno in qualunque momento vorrà.

30. Vigna coltivata da colono. – Chi abbia ricevuto una vigna da coltivare in colonìa è tenuto a potarla in modo corretto e fedele, secondo gli usi della città, e poi fino a metà del mese di marzo a zapparla, e a zapparla ancora fino alla festa di San Vito in modo corretto e fedele, e dopo a vendemmiarla. E se il coltivatore sia venuto meno fraudolentemente ai suoi doveri in alcuno di detti lavori, e ciò sia provato, il proprietario della vigna può licenziare il coltivatore di detta vigna, e ritenere l’opera che questi abbia svolto in essa; fatto salvo ciò, il coltivatore non deve perdere i frutti né l’opera, ma deve completare il lavoro con la vendemmia e la cura delle erbacce. In tale vigna non può seminare frumento, né orzo, né avena.

31. Case, e terreni dati in pegno, o in affitto. – Chi abbia dato in pegno o in affitto o da lavorare con un termine una casa, o una vigna, se vorrà potrà venderla o darla in dote. Tuttavia, il contadino, che abbia lavorato detta vigna o che abbia seminato quella terra abbia la sua parte di frutti per quegli anni; ma se abbia soltanto arato quella terra, riceva le spese fatte. Tuttavia chi abita in tale casa deve pagare l’affitto per il periodo, in cui ci sia rimasto. Se tuttavia il padrone, che ha dato la sua casa in affitto, abbia sfrattato il contadino, nulla potrà pretendere da lui; e se il contadino con il consenso del proprietario abbia eseguito delle migliorie, il proprietario è tenuto a restituirgli le spese; ma se le abbia eseguite senza il consenso del proprietario, potrà togliere le migliorie e portarle con sé. Se tuttavia il contadino abbia subaffittato la casa, tutto l’affitto andrà al proprietario. E se il contadino lascerà la casa, e per il periodo in cui ci sarebbe dovuto rimanere abbia dato la casa ad altri, tutto quel canone di affitto andrà similmente al proprietario. Se invero il contadino non abbia pagato l’affitto alla scadenza stabilita, il proprietario di quella casa può pignorare coloro che troverà nella casa, e chiudere le porte ed espellerli. Ma se siano fuggiti prima di pagare l’affitto il proprietario potrà su quelli che troverà in casa che vi siano o meno soddisfarsi per il suo affitto.

32. Affitto a termine. – Se qualcuno affitta una casa o una osteria mensilmente, e trascorso il mese vi sia rimasto per qualche giorno e voglia lasciare l’immobile sarà tenuto a pagare l’Affitto a misura di tali giorni. Se invece l’affitto è Annuale, e trascorso l’anno vi è rimasto per quindici giorni, e voglia lasciare l’immobile dovrà pagare l’Affitto per tutto l’anno.

33. Vigne e terre che ricevono acqua dall’alto. – Il Proprietario o la Proprietaria di quella vigna, o terreno che riceva acqua dall’alto è tenuto a riceverla, e ad aprire (uno scolo), affinché scorra più in basso nel fondo del vicino tranne che vi sia un ruscello o un fossato, allora infatti potrà portare l’acqua nel suo ruscello o nel fossato. I ruscelli e i fossati rimarranno ove si trovavano in antico; e le acque si dirigeranno dove si dirigevano in antico.

34. Terreni coltivati. – Se alcuno abbia lavorato un terreno, e altri ritenga di subire un pregiudizio da tale coltivazione, potrà il primo anno, di coltivazione, eradicare tale impianto, senza pena pecuniaria o afflittiva; e successivamente col consenso di colui che l’abbia coltivata; e se accade, che chi abbia eradicato abbia perduto il consenso risarcirà il danno per l’eradicazione di detta coltivazione. Chi non vorrà eradicarla potrà entro l’anno da quando venne impiantata la coltivazione fino a San Michele far valere le sue ragioni su di essa. Se tuttavia nel predetto termine non ricorrerà, perderà i suoi diritti, e non potrà più far valere le sue ragioni se non quando il colono sia assente da Ragusa; allora infatti se ritornerà entro quattro mesi potrà far valere le sue ragioni e non sarà pregiudicato dalla coltivazione. Se tuttavia entro tale termine non ricorrerà perderà i suoi diritti, e non sarà più ascoltato, tuttavia se entro detto termine lascerà Ragusa e non vi farà ritorno entro il suddetto termine.

35. Pubblicità delle vendite. – Se alcuno vorrà vendere un bene immobile e sia d’accordo sul prezzo col compratore prima di portare a termine tale vendita, e del pagamento del prezzo, ordiniamo che la vendita stessa per incarico del Conte debba essere pubblicizzata per la città, e il bando stesso sia scritto nel quaderno del Comune; dopo tale bando il prezzo rimarrà in deposito per tre mesi, entro quel termine se si presenterà qualcuno che provi che l’oggetto della vendita fosse a lui vincolato, costui verrà soddisfatto col medesimo prezzo. Se tuttavia entro detto termine non si presenterà alcun pretendente, tale denaro sia dato al venditore, e chi avanzerà in seguito pretese contro il compratore, non sarà ascoltato a meno che per caso il pretendente stesso cioè chi afferma che il bene predetto fosse a lui vincolato fosse assente da Ragusa al tempo della vendita, e della pubblicità allora infatti se dovesse ritornare entro l’anno, potrà agire contro il venditore, e far valere le sue ragioni. Chi entro l’anno abbia taciuto contro tale compratore non potrà parlare; salve tuttavia le ragioni dello stesso creditore contro il suo debitore in ogni caso sopra gli altri suoi beni. Tuttavia la vendita fatta contro tale ordine non avrà valore.
Al tempo del nobile Marino Morosini, Conte di Ragusa dal medesimo Conte, e dal Maggior Consiglio fu ordinato, che il Conte non sia tenuto a costringere i compratori dell’immobile a depositare il prezzo in camera, se non vi è istanza del venditore.
Si aggiunge al tempo di Marino Badoer Conte di Ragusa, che una tavola venga posta avanti la Loggia in cui vengano scritte tutte le vendite, e vi rimanga per tre mesi. Nell’anno del Signore 1372, nella decima seduta, il giorno 23 del Mese di Settembre, noi Giovanni de Gradi Rettore del Comune di Ragusa, per volontà del Minore, e Maggiore Consiglio, e con il consenso popolare, al suono delle campane, riuniti secondo gli usi, stabiliamo e ordiniamo; che le case di pietra e calce o di altro materiale edificate sul terreno del Comune, o degli ecclesiastici, o di altri chierici, che pagano un affitto per il tale terreno, se vengono vendute, devono essere vendute, e bandite secondo gli ordini, e gli statuti degli altri beni immobili con quei modi consuetudini, termini, e statuti, con cui vengono venduti gli altri immobili, e banditi, e che in detta vendita deve essere compreso il tale terreno su cui si trovasse tale casa, e quanto debba pagare per affitto di detto terreno. E tanto se è compreso in detta vendita il detto terreno, e quanto viene pagato per l’affitto del detto terreno, tuttavia se non è compreso, chi ha diritto su detto terreno, non può pregiudicare detta vendita, e pubblicità, ma sempre sia salvo il diritto di coloro che sono proprietari di detto terreno, tanto se si siano presentati in tempo, o meno.

36. Vendita di immobile di proprietà altrui. – Se una proprietà o un immobile, o una vigna di alcuno dei suoi eredi sia stata venduta o alienata, ed egli stesso fosse presente a Ragusa al tempo della vendita potrà entro un mese dal giorno del bando presentare reclamo, e revocare tale vendita. Se entro tale termine non presenterà reclamo successivamente non gli sarà dato ascolto: se tuttavia al tempo della vendita, e della pubblicità fosse stato assente da Ragusa, potrà da quando sarà tornato nella città di Ragusa presentare reclamo entro due mesi, e revocare la detta vendita.
Trascorso tale termine non sarà ascoltato, lo stesso accadrà per i figli e le figlie che vorranno la restituzione della casa venduta dal padre, o dalla madre. Ossia lo potranno fare, se sono separati da essi. Tuttavia sia i figli che gli altri se il compratore avesse il sospetto, che fraudolentemente non per sé, ma per altri volessero recuperare la casa, chi la domanda è tenuto su di ciò a prestare XII giuramenti, se il compratore lo abbia richiesto.

37. Giuramenti dei garanti per l’evizione. – Se la cosa acquistata venga evitta all’acquisto da una persona estranea chi l’abbia venduta è tenuto alla garanzia, e tramite il Conte o colui che ne faccia le veci, e al suo Ufficio, per mezzo del giuramento o dei giuramenti sarà deciso il vincitore lo stesso garante potrà deferire il giuramento ordinato dall’Ufficio all’estraneo. Se tuttavia il garante stesso non voglia deferirgli il giuramento il compratore che abbia acquistato il possedimento potrà deferire il giuramento al vincitore. Tuttavia se quello giurerà il venditore di quel possedimento restituirà al compratore al quale la cosa sia stata evitta, tanto quanto abbia ricevuto da lui secondo quanto stabilito nel Contratto di vendita ossia il solo Capitale; ciò resta valido per coloro i quali siano garanti dei possedimenti venduti. Se invero questi non possano prestare il giuramento o i giuramenti, saranno tenuti a giurare al compratore, che non per frode, né maliziosamente siano impediti o evitino di prestare il giuramento o i giuramenti predetti ma perché legittimamente non lo possono prestare. Il garante che giurerà ciò e il compratore di quella cosa riceverà dal suo venditore tanto quanto gli abbia dato, quando comprò quella casa, ossia soltanto il Capitale.

38. Debitore che abbia veduto i suoi beni. – Se il debitore di alcuno, che abbia venduto i suoi beni pignorati dal creditore, in particolare per il matrimonio delle figlie o delle sorelle; e gli rimanga soltanto quanto basta per soddisfare il creditore questi ricorra prima contro il suo debitore, e i beni che sono rimasti e se sono incapienti potrà ricorrere contro il compratore nel termine stabilito, e non contro altri.

39. Remissione di debito fatta nel testamento. – Il creditore che abbia un documento o documenti di debito di altri, in qualunque modo tali documenti siano costituiti al termine della sua vita può annullarli e rimetterli cosicché tale remissione possa essere provata per mezzo di tale testamento, o per documento pubblico, tuttavia non si potrà provare per testi.

40. Vendita di beni gravati alla presenza del creditore. – Se il debitore di un bene gravato lo abbia venduto alla presenza del creditore medesimo; qualora siano procurati testimoni per il documento di vendita, lo stesso creditore nulla potrà pretendere dall’acquirente di detto bene su detta cosa, né questa norma potrà recar danno nelle liti a chi sia stato indicato testimone nel contratto.

41. Vie. – Quando emergono nuove circostanze, bisogna trovare nuove soluzioni. Poiché, a Dio piacendo, un’altra nuova città si è aggiunta a Ragusa, chiamata borgo Atteno, e affinché sulle strade, e vie di tale Borgo non nascano dubbi stabiliamo questa legge edittale che varrà in perpetuo che la via da porta Leone vada diritta fino al Campo; e la via che viene da porta de Menze, vada fino al Campo; e la via che viene da porta de Celanga vada diritta fino alla via avanti al Castello, e la via che si trova tra la casa di Marino Giuliani e Michele de Binzola andando in via Ognissanti, che va alla porta delle mura della città, dovrà rimanere come si trova. Mentre la via che viene dalla porta che si trova sotto la casa di Bogdano de Pissino, vada diritta fino al Campo; e la via che va verso la Chiesa di Ognissanti vada diritta fino alla porta delle Mura; e la via porta di Sorte vada diritta fino alla predetta via Ognissanti che va alla porta delle Mura della Città, e la via che esce dalla via Ognissanti, che si trova tra l’orto dell’Arcivescovo e l’orto di Giovanni, vada diritta fino ai pozzi, e tutte le predette vie siano della larghezza di nove Palmi. E la via che si trova avanti la porta del Castello e va tra la casa di Sergio e Vitale Glede, vada diritta sotto il pozzo del Comune, che viene chiamato pozzo della Chiesa, tra lo stesso pozzo, e l’orto della chiesa di Ognissanti. E la via che si trova dal forno Doimo vada da tale forno verso ponente in linea retta fino ai posti di guardia, che sono nel Campo. E la via che viene da porta di Celanga fino alla chiesa di Ognissanti, va verso levante fino alla via, che si trova sotto il terreno di Mattia de Menze. Tali vie siano della larghezza di quattordici palmi e coloro che attualmente possiedono alcuni di tali terreni, ove tali vie si trovano possono costruire un portico sopra di esse, chi invece compri tali terreni da adesso in poi non potrà costruire portici. Tuttavia a tutte le altre Proprietà i proprietari dovranno concedere il passaggio, e se non trovano un accordo tra di loro, il Conte e il suo Ufficio imporranno di consentire il passaggio da un vicino all’altro, e di risarcire a favore di tale via ciò che riterranno giusto.

42. Scale. – Nessuna casa che si trovi nel borgo può avere una scala esterna, e chiunque avesse detta scala, sarà condannato al pagamento di un perpero.

43. Pozzi neri. – Vogliamo che i pozzi neri, che si trovano nel Borgo siano sotterranei, e chi ha i pozzi neri a terra, sia condannato al pagamento di cinque perperi. Tuttavia tutti i pozzi neri, che sono dentro la città, devono essere spurgati ogni dieci anni a spese dei proprietari, e a ciò sovrintendano gli Ufficiali del Comune.

44. Ufficiali addetti ai territori e alle vie. – Ordiniamo, che ogni anno vengano eletti tre degli uomini migliori addetti ai terreni e alle vie, e che nessuno possa edificare una casa, senza la presenza di essi o almeno di due di essi: la casa sia disegnata e costruita secondo quei confini.

45. Acque dei mulini. – Stabiliamo pensando all’utilità per il Comune che ogni anno alle calende di giugno tutta l’acqua dei mulini sia ritirata, e ricollegata in un Corso d’acqua nell’acquedotto, dove naturalmente ci siano due mulini, tuttavia il guadagno che provenga da detti mulini venga diviso tra i proprietari di tutti i mulini.
Termina il libro quinto, inizia il sesto.

(traduzione di Monica Zamparutti Caracci)
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